In un futuro non troppo lontano potrebbe cambiare il nostro modo di produrre e consumare energia: Condomini, famiglie e imprese potranno finalmente autoprodurre e autoconsumare collettivamente energia. Quello che Jeremy Rifkin ha definito come la “terza rivoluzione industriale”. La via verso un futuro più equo e sostenibile, dove centinaia di milioni di persone in tutto il mondo produrranno energia verde e la condivideranno con gli altri. Un nuovo regime energetico, non più centralizzato e gerarchico ma distribuito e collaborativo.
Non siamo certo ai livelli auspicati da Rifkin, ma è un buon inizio e il potenziale non manca.
La comunità energetica è un’associazione di consumatori di energia rinnovabile su base locale, che autoproducono in tutto o in parte l’elettricità di cui hanno bisogno, condividendola – ovvero scambiandola fra di loro ai fini dell’autoconsumo – a seconda delle effettive necessità, anche utilizzando sistemi di stoccaggio.
Le comunità energetiche sono aperte a chiunque può aderire alle stesse se è localizzato all’interno della medesima linea di bassa tensione e quindi sostanzialmente nello stesso paese o quartiere.
Dal punto di vista legale, la comunità energetica è un soggetto giuridico autonomo basato sulla partecipazione aperta e volontaria, con l’obiettivo di fornire ai membri (persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali o autorità locali) benefici ambientali, economici o sociali.
L’accesso all’autoconsumo diventa molto più democratico perché non richiede che l’impianto sia sul proprio tetto, ma è sufficiente che sia su un tetto di una casa, di un’azienda o sul terreno in un’area in zona. Anche chi affitta un appartamento in un condominio potrà dunque fare autoconsumo approfittando, ad esempio, dell’impianto della comunità installato su un terreno del comune o sul tetto della scuola dove viene installato l’impianto della comunità.