Secondo i dati Istat in Italia ci sono 12,4 milioni di edifici residenziali, dei quali oltre il 60% è stato costruito prima del 1976, anno di entrata in vigore della prima legge sul risparmio energetico; a questi si aggiungono 1,7 milioni di edifici a uso non residenziale (circa il 12% su un totale di 14 milioni), destinati principalmente a produzione (19%), commercio (16%) e servizi (12%).
È la fotografia che emerge dal Report “La consistenza del parco immobiliare nazionale”, realizzato dal Dipartimento Efficienza energetica di ENEA. Si tratta di dati interessanti, soprattutto in vista degli interventi che potranno essere necessari per conseguire gli obiettivi di risparmio energetico in ottemperanza alle nuove direttive europee.
Se si considerano invece le unità immobiliari di proprietà pubblica il Rapporto ne individua circa 770 mila, di cui 670 mila non vincolate e quindi potenzialmente soggette agli obblighi di riqualificazione energetica previsti dalle direttive europee.
L’analisi degli Attestati di Prestazione Energetica (APE), evidenzia un miglioramento delle prestazioni energetiche degli immobili certificati, con una riduzione della percentuale nelle classi energetiche meno efficienti (F – G) di oltre il 4% nel residenziale e di circa l’1,5% nel non residenziale.
In Europa, invece, quasi il 75% degli edifici è inefficiente sotto il profilo energetico, e gli edifici nell’UE rappresentano il 40% del consumo finale di energia e determinano il 36% delle emissioni di gas a effetto serra. Con il Green Deal, proposto dalla Commissione nel 2019, i Paesi europei si sono impegnati a rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050 e a portare al 55% gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030. Per conseguire tali obiettivi, nel 2021 è stato presentato un pacchetto legislativo noto come Fit for 55% e in base a queste norme l’Italia dovrà procedere per il conseguimento degli obiettivi previsti.